Sostenere il Made in Italy è razzismo? Il caso Tirrenia – Moby





L’ultima crociata scema degli autorazzisti nostrani è stata proclamata alcuni giorni fa contro le compagnie di navigazione Moby e Tirrenia, del gruppo Onorato Armatori.La colpa? Una campagna pubblicitaria in cui si sottolinea che il personale delle due compagnie italiane è in larghissima parte (circa il 94%) italiano.Il testo centrale della pubblicità incriminata recita: “navigare italiano non è uno slogan, è un impegno: significa avere 5.000 lavoratori italiani altamente qualificati, per offrirvi un servizio sempre impeccabile. Significa riconoscere il valore e la professionalità dei nostri connazionali e portare lavoro e fiducia nei nostri porti. Significa darvi solo il meglio per trasformare il vostro viaggio in una vacanza”.Decisamente troppo per le delicate orecchie degli autorazzisti!E infatti subito è partito il canonico j’accuse che, oltre al solito gruppetto di intellettuali che avrebbero voluto troppissimo nascere a New York o almeno a London, ma son costretti a condividere i natali con noi bifolchi indigeni del Bel paese, ha avuto un qualche seguito anche sui social.Da par suo, parte della stampa mainstream ancora stordita dalla legnata elettorale si è subito lanciata sulla notizia, parlando con incredibile leggerezza di “sciovinismo”, “messaggio xenofobo” e “discriminazione etnica”.Pare che per la causa si sia mosso addirittura l’Unar, il mitologico Ufficio Anti Discriminazioni Razziali della Presidenza del Consiglio, che deve evidentemente aver ormai risolto quei problemini in cui incappò qualche tempo fa.Questa storia in realtà è molto più complessa di come viene raccontata, e la campagna pubblicitaria del gruppo Onorato è solo l’ultimo atto di un crescendo che inizia venti anni fa e intreccia leggi, concorrenza tra armatori, concorrenza al ribasso tra lavoratori, globalizzazione e sindacati.Un riassunto esauriente, in cinque parti, è stato pubblicato la scorsa settimana sul sito Stylo24 a firma di Giancarlo Tommasone:1a parte: Tirrenia schiera la flotta «tricolore» contro Grimaldi2a parte: Un mare di soldi (ai sindacati) per la battaglia navale Tirrenia – Grimaldi3a parte: Formazione e reclutamento dei marittimi, l’asse sindacati – manning4a parte: Il mare? Ormai non bagna più la città di Torre del Greco5a parte: Onorato predica il «navigare italiano» e poi costruisce le navi in CinaLasciamo per un attimo da parte la vicenda specifica, che a mio avviso si inquadra perfettamente nel contesto della guerra tra poveri innescata dalle politiche neoliberiste dominanti a partire dagli anni 90 sotto la bandiera della globalizzazione, e concentriamoci sulla reazione dei benpensanti “antirazzisti”.Il loro incontenibile sdegno naturalmente non riguarda lo sfruttamento economico dei marittimi di paesi meno sviluppati su navi di paesi sviluppati, né è infervorato dalle difficoltà dei lavoratori italiani che si sono visti sottrarre il posto di lavoro non per demerito, ma solo per l’irrompere sulla scena di lavoratori dalla paga assai inferiore. No, il delicato animo dei nostri eroi si inceppa su questo ragionamento: “Un lavoratore italiano vale quanto uno straniero, QUINDI questa pubblicità è razzista”.Ora: Supponiamo che stasera vi vada del sushi, e che dobbiate scegliere tra due ristoranti in cui non siete mai stati prima

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Pubblicato il: 22 Marzo 2018

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